"IL NOME DELLA ROSA OVVERO SULLA SOGLIA DEL LABIRINTO Ha un Kydos omerico... La voce delirante del protagonista che assapora la vittoria... In un concerto di continue sconfitte. Lo spettacolo si fonda su effetti di luci e ombre. Sarà ovviamente diversa dal film. Perché è un'altro linguaggio. Però sono rimasto fedele agli accadimenti." Lo descrive così Pablo Maximo Taddei, il regista dell'opera, il quale è anche l'inventore degli “psicosuoni”, una tecnica basata sull’alterazione del timbro vocale e sull’uso di una gestualità e di una mimica particolarmente espressive, quasi caricaturali, in pieno accordo con la voce e la musica. Una scena in cui la luce gioca con la presenza degli attori, dove si muovono corpi e voci in un crescendo di “recitar-cantando”, usando il corpo come “cassa di risonanza”, ed inserendo la mimesi e le motivazioni legate al sentimento ed agli stati d’animo della frase da interpretare. Essendo un amante della letteratura ed attore dile
Farei lo YouTuber se non fossi scopofobico.