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Il mio Più libri più liberi 2015: Il diario di un bibliofilo romano



  Mai avrei immaginato di incontrarlo così un giorno...pensai mentre si dipingeva la paura sul mio volto rabbuiato.
«A-A-Allora tu esisti davvero?!»
Da due occhi nell'oscurità emerse una risata inquietante.
«Dehehehehehe.»
Ad un tratto una luce improvvisa proveniente da un lampo illuminò la scena rivelando un volto femminile contratto in una smorfia malvagia e compiaciuta che disse:
«Librih!»
...Il Joker.

  Ma torniamo all'inizio. Quella era stata la mia prima volta che partecipavo alla fiera di Più libri più liberi e mi trovavo meravigliato davanti al Palazzo delle esposizioni. Ero andato accompagnato da un'amica, che per mantenere la sua privacy chiamerò Livia.
«Wow Livia non ero mai stato qui prima!»
«Aha.» Mi rispose la sua testolina con la sua solita noncurante gioia di vivere.
Venimmo subito avvicinati da gruppo di signori africani che con i loro libri in braccio e i «Bero! Buoi gombrare ribro fabora avrigana?» sembravano volerci evangelizzare sul Botswana e fare concorrenza ai testimoni di Geova.
«Wow all'ingresso c'è già il padiglione letteratura africana.» Mi girai a guardarli mentre procedevo seguendo la rigida Livia.
Con un fiato infastidito, concluse mentre arrivavamo all'ingresso. «Sono i venditori ambulanti, idiota!»

 Quel giorno l'umanità ricordò... L'umiliazione di vivere come uccelli in gabbia. No, aspetta questo è Attack on Titan. Comunque, arrivati all'ingresso scoprii che un controllore doveva timbrarci il braccio affinché si distinguesse chi fosse entrato con il biglietto e chi senza. L'ufficiale dall'alto della sua uniforme tenendo il timbro in mano, aspettava le nostre braccia tese in fila.
«Detenuto DW11, il tuo timbro.»
Io che avevo da lungo superato il trauma della puntura e delle siringhe, ritrassi subito il braccio marchiato a fuoco. «Sigh. Perché ci devono trattare come ebrei in un campo di concentramento?»
«Ma dai che esagerato, per un timbro sul braccio.».
Eh certo. E scommetto ti sarebbe pure piaciuto nascere nel 1942 per vivere la Seconda Guerra Mondiale, tanto sei donna e non ti timbravano il braccio.
Per distrarmi dal mio braccio mutilato, cambiai discorso. «Perché un tizio che assomiglia a Mussolini ci sta seguendo?»
«Aha. Divertente. Solo perché mio padre è pelato.»
Beh, non solo per quello.
«Ragazzi, alle 18:00 vi voglio qui all'uscita posteriore. Chiaro?»
Ci mettemmo sull'attenti e all'unisono: «Signor sì, signore!»

  Mezz'ora dopo che siamo entrati ci sarebbe stata la conferenza di Shooter Hates You a cui Livia voleva assistere. E io mi chiedevo «Chi cacchio è?» Quando scoprii che era il tizio che faceva news su YouTube in modo divertente, esclamai:«Aah, ma è Bricchinitali!» Prendemmo posto e aspettammo la sua entrata in scena. Fino a quel momento avevo pensato che il suo nickname di Shy stesse per il fatto che fosse timido e non un acronimo, e beh, non è timido per niente. Senza i suoi occhiali che gli davano un'aria da nerd e con la sua camicia scollata, sembrava quasi che stesse per buttarsi ad ogni momento sul pavimento per chiederci di disegnarlo come una modella francese. Ciò fece accendere lì il mio pan-sexual detector.
«Livia, secondo te Shy è gay?»
«Boh, non lo so, ma saranno suoi affari personali.»
Come se avesse previsto la mia curiosità, Shy chiese dal palco: «Qualche domanda?»
Vedevo negli occhi di Livia la disperazione mentre mi implorava: «No ti prego Da, non farlo!»
«Ok.» Risposi con tutta la convinzione che avevo. Non che sia una persona molto convinta di me stesso.
«Nessuno laggiù?» Ripetè.
«Ma sei g-mhmhmhmh!!!» Mentre con una mano mi serrava la bocca, Livia appoggiò l'altra sulla fronte come per fare un facepalm.
E poi dicono che la cultura ci rende liberi. Siamo ad una fiera della libera stampa e libera espressione, e uno nemmeno può chiedere se a un tizio piace più la banana o la fragola.

  Deciso a rimanere in silenzio per evitare che Livia fatichi ad allungare il braccio verso la mia bocca, notai che accanto a me c'erano delle ragazze che parlavano tra di loro. Annoiato dal sentire come Shy faccia i big money con la ca$hta, origliai ciò che stavano dicendo.
«Blablabla...Doctor Who...blablabla.»
Colsi subito quelle due parole in mezzo al discorso.
«Anche tu segui Doctor Who?!»
Anche la ragazza mi notò e si girò verso di me, lasciando le amiche.
«Siiii!!! E Sherlock?»
«Pure! Chi è il tuo Dottore preferito? Il mio è l'11.»
«Anche a me! Blablabla.»
«Blablabla... Ahaha, sei molto simpatica...blablabla.»
«Blablabla...aw, come sei carino <3 <3 ...blablabla.»
Iniziammo una conversazione e lei si avvicinò a me, avevo rimorchiato e stava andando tutto bene, con entrambi che facevano gesti per sedurre l'altro.  Potevo sentire la presenza di Livia sopra di noi vestita da Cupido e con la freccia nell'arco pronta a scoccare e a fare "Now Kiss".
Tutto finché non disse:«Pensa che oggi ci ho messo due ore per arrivare a Roma.»
Zac. Queste parole mi shockarono più che se avessi sentito che fosse rimasta incinta durante questo nostro rapido flirt.
«...Ah, non sei di Roma?»
Dovete sapere che in un rapporto il mio posteriore pesa più del mio cuore, e se devo prendere la metro B per andare a Rebibbia, già lo considero una relazione a distanza.
«No, ma sono di...»
Come un amante che scappa dopo una botta e via, un padrone che fa il sola abbandonando un cane sulla strada, un vucumprà a cui dici "ah sì, torno dopo", o  un padre che scende a prendere le sigarette, presi la mia giacca e me ne andai di colpo.
Camminando con la testa in aria appoggiandomi alle mie braccia distese all'indietro mi riferii a Livia che era rimasta indietro a fare gli occhi dolci da gatto e a cui avevo distrutto i sogni immaginari.
«È inutile che ci shippi Li, tanto non è di Roma.»

  Usciti dal meeting, mi ritrovai fuori una serie di banconi che cominciai a visitare uno a uno. Certi stand erano proprio ridicoli e non li capivo, con i loro libri sulla cucina o le ultime barzellette sulle scoregge. Altri invece di cui conoscevo già alcuni come noir, gialli o fantasy li ho trovati interessanti.
«È da mezz'ora che sei su questo stand. A questo passo non riusciremo a vederli tutti.»
«Ho quasi finito. Solo altri cinque minuti.»
«Aaaaandiaaamooo!!» Mi tirò per il braccio.
«Hey Livia, non ti facevo una ragazza così veloce coi tempi. Non mi inviti nemmeno prima fuori per una cena? Ehehe.».
Livia, dalle dimensioni ridotte da bambina già di suo, divenne ancora più piccola e si gonfiò di rosso come un pomodoro. Non avrei mai immaginato che tale corpicino potesse contenere tanta forza.
«...andiamo.» Disse in tutta tranquillità mentre mi trascinava per terra ingrassato per due bernoccoli in testa, mentre non riuscivo a dire altro che «Ayayay.»

  Scesi al piano inferiore, il primo stand che trovai fu quello della poligrafia della Polizia di stato. Il fascino dell'uniforme e gli eredi di Sherlock Holmes mi hanno sempre attirato, per cui decisi di dare un'occhiata.
«Scusi, posso prenderne uno?»
Mi rivolsi a un agente non sbarbato che sembrava riflettere il tipico stereotipo del poliziotto fannullone con gli occhiali da sole e lo stecchino in bocca.
«Sì, ma non prenderli tutti eh ragazzino, hehe.»
Oh, certo. Ora che me l'hai detto con quel tono non lo farò sicuramente. Mi infilai più riviste possibili e me me sfilai tenendo il broncio.
«Acab.»

  Solo in quel momento mi accorsi che mancava qualcosa mentre attraversavo i corridoi.
«Uh Livia? Dove sei finita?»
Tirai fuori il cellulare e provai a chiamarla, ma a quanto pare con tutta quella gente e quel trambusto non l'avrebbe sentito nemmeno fra cent'anni.
«Segreter-ma che cazz?!»
E pensare che mi aspettavo una fiera del libro silenziosa come in una biblioteca. Haha, che illuso. Avete presente quando una madre chiede al figlio di aspettare in fila alla cassa perché si è dimenticata di prendere una cosa? Ecco, mi sentivo lo stesso.
«Liviaaaaahh!!!»

   Vagando solitario come un ultimo romantico dell'Ottocento amante dei libri, passai davanti a uno stand in cui un signore anziano e dall'aria gentile mi si avvicinò col suo libro.
 «Hey ciao, sei interessato a un giallo ambientato nell'antica Cina?»
Facendo una rapida associazione mentale tra giallo=cinese=battuta di merda, il mio subconscio passò alla modalità difesa aggressiva.
«Solo perché sono giallo eh? Razzistah!»
Al povero venditore gli saranno scoppiati qualche neurone per colpa mia visto che rispose con un raffinato «Eeh?»
Ma io intanto mi ero già allontanato a lamentarmi tra me e me come su un post tumblr.
«Guarda un po' che razza di gente nel 2016. Roba da non credere.»

  «Uhm.»
Feci col pugno sotto il mento pensando a che posizione dovessi tenere mentre pensavo e osservavo con attenzione il banco. Ero seriamente indeciso se tenere le mani chiuse come la statua pensante, unire le dita sulla punta a coppa come Sherlock o mordermi le unghie come L Lawliet. Nel dubbio cambiai posizione ogni minuto.
«Uhm.»
Un libraio dai capelli grigi e gonfi si fece avanti cordialmente «Scusi, posso aiutarla? :) »
«Una busta grazie!»
Penso che in quell'attimo abbia distrutto tutta l'autostima del libraio e il suo amore per i libri mettendolo in crisi esistenziale di chiudere la baracca e di andare ad aprire un'attività di buste, sicuramente più redditizie ed apprezzate.
Una cascata di capelli sbucarono da dietro il bancone, e con il tono di chi ha trovato una patatina bruciacchiata in una bustina disse: «Ah ciao, sei qui.»

   Fatto la riunione di famiglia, io e Livia arrivammo a uno stand in un angolino in fondo al corridoio. I libri presenti avevano delle copertine banali e piuttosto brutte, dai titoli che suonavano come dei noiosi tomi classici del novecento. Persi subito l'interesse e aspettai che Livia facesse i suoi acquisti.
«Da, che scelgo tra Cime tempestose e Il giovane Holden?»
Facendo un gesto ampio col braccio svelando tutto il mio charm, pronunciai melodrammatico uscendo l'attore in me «Uh? Che senso ha comprare dei classici a me una fiera della piccola e media editoria? Dovrebbe essere un luogo per scoprire novità ed opere originali.»
Vedendola in evidente difficoltà come un gattino bagnato, la commessa disse a Livia: «Aw sei carina, ti regalo un libro così li hai tutte e due.»
Il viso di Li si rabbuiò e abbassando i capelli che lo coprivano, sembrava essere uscita direttamente da The Ring.
«...D-da, la commessa mi ha appena regalato un libro, aw.»
«Fortunata tu, a me non hanno mai regalato nient-» E non ero nemmeno riuscito a rimorchiare una che fosse di Roma, aggiungerei.
La sua testa si rialzò all'improvviso e scoprì un sorriso contratto come se un lifting le fosse andato a male.
«Aaaaaahh, che brutto, vuoi uccidere Batman?»

  Tenendosi stretta e soddisfatta i suoi due tesori e decisa a trovare il cavaliere oscuro nella fiera, mi disse di sfuggita prima di allontanarsi: «Hoi Da, vado un attimo allo stand di Minimum Fax, ci vediamo dopo lì, ok?»
Troppo impegnato ad ascoltare una canzone deprimente sul cellulare non feci attenzione ai suoi bisbigli.
«Aha. Aha. No, aspe', che hai detto?»
Ma era ormai fuori dalla mia vista.
Quando trovai uno standino con scritto Info che sembrava uscito da Snoopy, chiesi alla bionda dello staff.
«Scusi, dov'è Facck?»
Digitò qualche tasto su una tastiera, e mi rispose semplicemente: «Ah boh, non lo so.»
Wow, da grande anch'io voglio essere pagato per dire "Ah, boh." Sento proprio la vocazione per questo lavoro.
Non potei contenere il romano di borgata in me che uscì prepotentemente.
«Ecchecazzo. Non n'artra volta.»

"La scelta del libro è un momento magico per un lettore. Sfogliando il risvolto della copertina... "
Il mio sogno biblioerotico venne interrotto da una vibrazione nei pantaloni. Nonostante ami i libri al punto di sniffare le loro pagine ogni volta che entro in libreria, era la prima volta che mi facevano eccitare così. E invece no, era solo il mio cellulare che squillava.
«Hey Li, dov-»
«Il signor Mussolini ci vuole alle 18 all'uscita. Hai 4 minuti. Sbrigati. Ciao.»
Messo sotto pressione come da una bomba ad orologeria mi sentii come un tributo dei giochi della fame, e utilizzando la super vista deduttiva di Sherlock passai i miei occhi velocemente sui libri sotto di essi.
«Oh che bella copertina ha questo libro. Scusi, quanto costa?»
«10€»
Cosa?! 10€ per un libretto che non ha nemmeno 100 pagine e che assomiglia più a un fumetto mentre Livia con 7€ ne ha presi due? Ma tornare a casa senza nulla in mano da una fiera del libro faceva troppo barbone, per cui come un pensionato frustrato che deve pagare le tasse per una pensione che non gli arriverà mai, sospirai:
«È un cazzo di furto.»
Come insegna il grande maestro Totò, e io pago.

E questo è stato il mio Più libri più poveri 2015.

Fine.

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